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L’ art. 29 D.Lgs. 276/2003 dispone che, in caso di appalto di opere o di servizi, Il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
La responsabilità solidale potrà essere attivata dal lavoratore entro e non oltre i due anni dalla cessazione dell’appalto.
In pratica i “lavoratori” potranno rivendicare l’adempimento non solo dal proprio diretto datore di lavoro, ma da ciascuno dei sub-committenti della filiera contrattuale, fino a risalire al committente posto all’apice della catena d’appalto. Lo stesso vale per INPS, INAL e CASSA EDILE per i contributi di loro competenza.
maturati nel periodo in cui il lavoratore abbia effettivamente prestato la propria opera nell’ambito dell’appalto. Di qui la necessità per il lavoratore o l’Ente di individuare e limitare il petitum nei confronti del committente ai soli periodi di esecuzione dell’appalto. Tale principio, di per sé scontato, appare però tanto più importante nei casi in cui si chieda al committente il pagamento degli istituti retributivi indiretti (13ma, 14ma) o del TFR: il committente ne risponde in via solidale solamente per la quota maturata nel periodo di esecuzione dell’appalto. Lo stesso dicasi nel caso in cui i lavoratori, in un dato lasso temporale, siano impiegati promiscuamente presso più appalti a favore di diversi committenti: in tali casi è evidente che il committente non possa rispondere anche per i trattamenti riferiti a periodi in cui i lavoratori prestavano la loro opera in altri cantieri.
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